intensivo
L’autismo è un disturbo che compare prima dei tre anni di età del bambino e che accompagna il soggetto lungo tutto il suo percorso di vita (Jacobson & Ackerman, 1990, Eaves & Ho, 1996; Bailey, Philips, Rutter, 1996).

Le ricerche dimostrano come i trattamenti precoci, intensivi che vengono applicati con continuità, diano i risultati migliori (Ramey & Ramey, 1998, 1999). Un numero considerevole di bambini che hanno effettuato interventi intensivi e precoci riescono a raggiungere un funzionamento nella norma o molto vicino ad essa (Lovaas, 1987; McEachin, Smith & Lovaas, 1993) o comunque miglioramenti significativi nell’intelligenza o in altri aspetti dello sviluppo quali le abilità di vita quotidiana o la comunicazione (Anderson, Avery, DiPietro, Edwards & Christian, 1985).

Guaralnick et al., mettono in evidenza come i bambini con autismo o disturbo generalizzato dello sviluppo abbiano bisogno di iniziare un intervento precocemente, per molte ore la settimana per diversi anni, tali interventi devono essere rivolti direttamente al bambino,  interessare un’ampia gamma di bisogni del bambino e tenere in considerazione le differenze individuali (Guralnick, 1998; Ramey & Ramey, 1998).

Ma perchè i bambini con autismo devono effettuare interventi intensivi?

I bambini con autismo o disturbo generalizzato dello sviluppo faticano ad apprendere spontaneamente nell’ambiente naturale, hanno spesso difficoltà strutturali nell’interazione con il mondo, cioè le loro interazioni sono raramente spontanee, poco efficienti in termini della quantità di esperienza tesaurizzata come ricordo, e distorte da compromissioni neurologiche di cui non è ancora chiara la completa portata. Interventi intensivi sono quindi necessari per compensare almeno in parte tutte queste limitazioni.

Nel nostro modello il termine intensivo non implica una durata predefinita dell’intervento, in altre parole non si parte dal “dogma” delle 40 ore settimanali; la definizione della durata dell’intervento si basa sulla valutazione delle necessità del bambino, dei suoi punti di forza, delle risorse della famiglia, della collaborazione con le istituzioni scolastiche e con i servizi sanitari.

Il termine “intensivo” certamente richiede di attivare una nuova dimensione di vita, per il bambino e per la famiglia. Per quel che riguarda il bambino, si tratta di organizzare una serie di situazioni programmate, nell’ambito delle quali egli possa confrontarsi con nuove esperienze, nuove attività e nuovi modelli di relazione. Ciò, soprattutto all’inizio, richiede “tempo”: tempo per conoscere il bambino, tempo per formulare un progetto personalizzato, tempo per verificare le sue risposte ed adattare a esse il progetto.

L’indicazione che deriva dall’esperienza internazionale fa riferimento ad un tempo non inferiore alle 18 ore settimanali (NRC, 2001). Nella nostra situazione, questo può essere considerato un punto di arrivo. Quello di partenza dipende da molteplici fattori, soprattutto dalla capacità di costruire un sistema curante in cui diversi attori sono agenti di cambiamento.

Il termine “intensivo”, in ogni caso, non è limitato ad una mera dimensione temporale, ma si riferisce anche all’esigenza di un’adeguata organizzazione dei tempi, degli spazi e delle attività del bambino nel corso di una sua giornata abituale. Ciò fa sì che tutte le esperienze quotidiane possano assumere una valenza terapeutica. In questa prospettiva la “terapia” non è solo quella che si svolge durante le sessioni di riabilitazione, ma è piuttosto un progetto di vita.