precoce
La letteratura scientifica internazionale è concorde nel sottolineare l’importanza di effettuare una diagnosi precoce già tra i 12 e i 13 mesi (Fombonne e De Giacomo, 2000) e comunque prima dei 3 anni di età in modo tale da potere iniziare un intervento altrettanto precoce, in un’età in cui le strutture cerebrali sono caratterizzate da maggiore plasticità (Charman et al., 1997; Cox et al., 1999; Lord, 1995; Stone et al., 1999).

Una meta-analisi condotta nel 2009 da Eldevick et al. ha messo in evidenza come interventi intensivi e precoci dovrebbero essere i trattamenti elettivi per i bambini con autismo in quanto consentono di raggiungere i maggiori risultati in termini di apprendimento di abilità adattive  e miglioramenti nel Quoziente Intellettivo.

Lovaas (1987) per primo aveva evidenziato l’importanza dell’iniziare un intervento prima dei 4 anni di età ai fini dell’efficacia dell’intervento stesso. Altri autori (Ramey & Ramey, 1998) hanno confermato queste prime affermazioni di Lovaas mettendo in evidenza come, iniziare un intervento intorno ai 3 anni di età consenta di inserire il bambino con autismo in una “traiettoria di sviluppo normativa” (un’età in cui gli altri bambini stanno apprendendo quelle abilità) e di continuare a promuovere l’apprendimento di abilità da parte del bambino per tutta la durata dell’intervento.

È un’età in cui la forbice evolutiva, le differenze tra le abilità possedute dai bambini con autismo e quelle possedute dai bambini a sviluppo neutotipico è ancora ridotta, crescendo, se non si interviene, tale forbice si amplierà (Howard, 2005). È quindi un’età in cui i bambini con autismo possiedono un ampio “margine di modificazione”, un periodo di tempo durante il quale la traiettoria di bambini a rischio è fortemente influenzata dalla tempestività, intensità e appropriatezza dell’intervento. Diversi studi longitudinali, (studi che hanno monitorato gli apprendimenti dei bambini dall’inizio dell’intervento in giovane età fino all’adolescenza e giovane età adulta) hanno messo in evidenza come i successi raggiunti dai bambini che iniziano un intervento intorno ai 3 anni di età sono significativi e vengono mantenuti anche nell’adolescenza e nell’età adulta (Campbell, Pungello, Miller-Johnson, Burchinal, & Ramey, 2001; Campbell, Ramey, Pungello, Sparling, & Miller-Johnson, 2002; for a review, see Ramey & Ramey, 1999).

Diverse ricerche hanno sottolineato come interventi precoci producono effetti duraturi sia in termini di cambiamenti comportamentali che in termini di cambiamenti neurobiologici: riescono a promuovere modellamenti dell’architettura cerebrale e delle funzioni cerebrali (Dawson & Fischer, 1994; Shore, 1997) Inoltre gli studi evidenziano come specifiche interazioni con l’ambiente fisico e sociale possono rimediare alcuni tipi di danni del sistema nervoso centrale (Hanningan & Berman, 2000) La precocità permette una più adeguata sistematizzazione e riorganizzazione interna delle esperienze e delle interazioni del bambino, in quanto si ha la possibilità di “operare” in un periodo in cui le strutture encefaliche non hanno assunto una definita specializzazione funzionale e le funzioni mentali, pertanto, sono in fase di attiva maturazione e differenziazione (Guaralnik, 1998; Dawson et al., 2001).